LA PERICARDITE CRONICA COSTRITTIVA: CAUSE, SINTOMI,DIAGNOSI E TERAPIA
La pericardite cronica costrittiva si caratterizza per alterazioni pericardiche, generalmente di tipo fibroso e/o calcifico, che determinano una compressione cronica sul cuore, ostacolandone il riempimento.
La pericardite cronica costrittiva è in genere idiopatica, senza apparente causa nota.
Le pericarditi croniche costrittive da causa nota hanno frequentemente eziologia post traumatica, tubercolare, neoplastica, attinica; tutte le pericarditi acute, non risolte e che non esitano in tamponamento possono evolvere in pericardite costrittiva.
La cicatrizzazione del processo infiammatorio pericardico determina fibrosi diffusa con obliterazione dello spazio pericardico, fusione dei foglietti ed ispessimento in toto del pericardio che assume l’aspetto di una spessa cotenna fibrocalcifica.
L’ispessimento pericardico determina un ostacolo al riempimento ventricolare, limitato alla fase finale della diastole (nel tamponamento l’impedimento è durate tutta la diastole) e la sua ridotta distensibilità impedisce la trasmissione delle oscillazioni pressorie intratoraciche respiratorie.
Il riempimento ventricolare avviene dunque nella fase iniziale (protodiastole), in cui il ventricolo può espandersi liberamente.
La costrizione pericardica ed il ridotto riempimento ventricolare determinano incremento della pressione telediastolica e diminuzione della gittata cardiaca con tachicardia ed aumento delle resistenze periferiche.
La fibrosi o le calcificazioni di rado causano sintomi a meno che non si sviluppi una pericardite costrittiva. Il solo segno patologico precoce può essere l’aumento delle pressioni diastoliche ventricolare, atriale, polmonare e venosa sistemica. La sintomatologia della congestione venosa periferica (p. es., edema periferico, distensione delle vene del collo, epatomegalia) si può manifestare con un tono diastolico precoce (colpo pericardico), spesso meglio auscultato durante l’inspirazione. Questo fenomeno acustico è dovuto al brusco rallentamento del riempimento ventricolare diastolico a causa del pericardio rigido.
La funzione ventricolare sistolica (basata sulla frazione di eiezione) è solitamente conservata. L’aumento protratto della pressione venosa polmonare causa dispnea (in particolare durante lo sforzo) e ortopnea. L’affaticamento può essere grave. È presente la distensione delle vene del collo con l’aumento della pressione venosa durante l’inspirazione (segno di Kussmaul); è assente nel tamponamento. Il polso paradosso è raro ed è solitamente meno grave che nel tamponamento. I polmoni non risultano congesti fino a che non si sviluppa una grave costrizione ventricolare sinistra.
Il sintomo più frequente è la dispnea da sforzo, talora associata ad astenia e palpitazioni, a cui si sommano i segni ed i sintomi della congestione venosa e della riduzione della gittata.
All’ispezione è caratteristica la differenza tra la metà inferiore del corpo rigonfia per stato congestizio (ascite ed edema) e quella superiore ipotrofica e cachettica.
Il fegato si presenta ingrandito (epatomegalia), talvolta con segni anche di insufficienza e epatica.
Evidente pure è il turgore venoso, particolarmente evidente a livello delle giugulari, con polso dominato dalle deflessioni negative (profondo collasso y seguito da collasso x sincrono al polso carotideo) e con segno di Kussmaul (mancato decremento della pressione giugulare con l’ispirum).
Il torace si presenta astenico con prominenza dei margini costali, itto non palpabile ed a volte anche retrazione sistolica del precordio.
Il reperto auscultatorio più caratteristico è lo schiocco pericardico, intenso ed alta frequenza che si verifica al raggiungimento del limite di espansione ventricolare. (mediamente da 0.09 a 1.12 s dopo chiusura aortica).
All’ECG è costante la riduzione dei voltaggi con alterazioni diffuse dell’onda T (appiattimento ed inversione come per ischemia sub epicardica diffusa, spesso presente anche ona P mitralica o FA (FA presente in 1/3 dei casi circa).
A questi si possono aggiungere anche deviazione destra del QRS, segni di necrosi inferiore e più raramente anche turbe del ritmo AV o ventricolari.
La radiografia del torace mostra un’ombra cardiaca che può essere nella norma, talora anche ridotta o lievemente aumentata, innalzamento del diaframma (ascite), ed in una percentuale fino al 60% dei soggetti, soprattutto se con pericardite costrittiva di lunga durata, anche calcificazioni pericardiche, meglio evidenziabili in proiezione LL.
Le calcificazioni sono ben identificabile anche con ecocardiografia.
Lo studio ecocardiografico, integrato con studio doppler, si caratterizza per la presenza ispessimento pericardico con echi multipli, densi ed immobili ed eventualmente calcificazioni, improvviso spostamento posteriore del setto interventricolare in protodiastole, precoce apertura della valvola polmonare, le alterazioni dell’emodinamica e nelle fasi avanzate anche un certo grado di atrofia miocardica.
Nei casi lievi ci si può limitare all’osservazione ed al monitoraggio del paziente senza terapia.
In presenza di sintomatologia evidente si ricorre alla terapia medica che si avvale di digitale e diuretici.
L’unico trattamento risolutivo è la pericardiectomia, che però è limitata ai casi invalidanti e controllabili con terapia medica.